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Bers. Cap.le TAMBURINO GIOVANNI

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La Sezione ANB di Mineo, è intitolata al Bers. Cap.le TAMBURINO GIOVANNI.
M.A.V.M. TAMBURINO GIOVANNI, nacque a Mineo 09 Gennaio 1917, da Tamburino Giovanni e Lazzara Orazia, terzo di quattro figli.
Si sposò con Lucchesini Concetta deceduta qualche anno fa, dalla quale ebbe un figlio che nacque, ironia della sorte, il 22 Luglio 1943, ossia appena sei giorni dopo la sua morte.
Il bimbo purtroppo morì alcuni mesi dopo, ed esattamente il 11 Novembre dello stesso anno.
TAMBURINO GIOVANNI, prestò servizio di leva, con la classe 1917 e fu posto in congedo
illimitato il 21 Settembre 1937.
In occasione del 2° conflitto mondiale, venne chiamato alle armi, il 21 Maggio 1938, ed
incorporato nel 16° Battaglione Bersaglieri, facente parte del 10° Reggimento Bersaglieri
mobilitato, come motociclista portaordini.
Partecipò alla guerra su diversi fronti, sempre con grande valore e spirito patriottico.
In data 06 Aprile 1939 partì per l’Albania ove partecipò alla guerra su detto fronte e dal quale rientrò a Bari il 19 Dicembre dello stesso anno, rimanendo incorporato nel 10° Reggimento Bersaglieri in territorio italiano, dichiarato in stato di guerra.
In data 13 Dicembre 1940, il 10° Reggimento Bersaglieri, venne imbarcato a Palermo alla
volta della Libia, sbarcando a Tripoli il 15 Dicembre dello stesso anno. In Libia, a seguito di aspri combattimenti venne dichiarato disperso il 05 Febbraio del 1941 e, dopo un breve periodo di prigionia, reincorporato, sempre nel 10° Reggimento il 18 Aprile 1941.
Rientrò in Italia il 30 Aprile 1941 ed il 06 Giugno dello stesso anno, venne inviato a
Palermo presso il Comando truppe al deposito.
Fu nominato Caporale in data 01 Maggio 1942.
Successivamente, a seguito di problemi di salute, fu ricoverato più volte presso gli Ospedali militari di Messina e di Palermo.
Una volta guarito venne inviato al deposito del 10° Reggimento Bersaglieri il 27 Febbraio 1943.
Infine venne dichiarato disperso nei fatti d’armi di Sicilia il 16 Luglio 1943. Di questi fatti d’armi, alcune notizie un pò più dettagliate, sono state acquisite, in ordine alla battaglia di Agrigento e dintorni del 1943, in concomitanza con lo sbarco degli alleati in Sicilia, tramite la testimonianza oculare di ALFREDO FERRI, giovane ufficiale dei Bersaglieri, il quale descrisse nel suo libro “Diario di vita e di cooperazione”, le concitate fasi dei giorni che precedettero lo sbarco e quelle successive, con nel cuore i sentimenti più contrastanti.
Con estrema sintesi, “La mattina successiva allo sbarco degli alleati, avvenuto durante le ore notturne, infuriò la battaglia, con l’assalto ai vari capisaldi dell’esercito italiano che ne contrastava l’avanzata, che durò tutta la giornata e cessò inspiegabilmente la sera.
La notte fu quasi di veglia, che costrinse i bersaglieri a tenere alto lo stato di allarme, nel timore di un attacco improvviso, dopo l’inattesa sospensione degli spari.
Anche il giorno successivo, la battaglia contro gli alleati fu cruenta, per contrastare il loro
tentativo di avanzare.
Il terzo giorno la musica cambiò, gli alleati cambiarono la direzione di attacco ed iniziarono a bombardare con alcune batterie di mortai, ma nonostante ciò, non riuscirono ad avanzare.
La tensione e la stanchezza cominciavano a farsi sentire, i viveri scarseggiavano e si
cominciavano a contare i morti. A cadere, colpito all’addome da una sventagliata di proiettili, anche il nostro concittadino TAMBURINO GIOVANNI, il quale rimase sdraiato, sul bordo della trincea, con il ventre aperto.
I suoi lamenti, il dolore, le sue vane richieste di aiuto continuarono per molte ore, senza alcuna possibilità di assisterlo.
Era il 16 luglio 1943, quando il caposaldo venne conquistato dalle truppe alleate e la resa di quel gruppo di uomini, fu l’unica possibilità”.
In seguito a questi eventi, gli venne conferita la Medaglia d’Argento al valor militare alla memoria, con la seguente motivazione:
“Motociclista portaordini, veterano di altri fronti, sempre pronto alle imprese più rischiose, durante un servizio di scorta al colonnello comandante, in territorio battuto dal fuoco avversario, sorpreso da preponderanti forze, non esitava, nonostante l’intenso fuoco delle armi automatiche e mortai, a reagire a colpi di bombe a mano. Gravemente ferito continuava nell’accanita resistenza incitando con la voce e con l’esempio i compagni, finché cadeva mortalmente colpito”
Sicilia  (zona Agrigento), 16 luglio 1943.

Papa Giovanni XXIII – Protettore dell’esercito

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